Nelle Domeniche, che seguono la Solennità di Pentecoste, la Chiesa ci consegna due misteri grandi della nostra fede: nella prima quello della SS.ma Trinità, il mistero di amore del Padre, del Figlio e dello Spirito; nella seconda quello del SS.mo Corpo e Sangue di Gesù Cristo, presente nel Santo Sacramento dell’altare.
Nella pagina del Deuteronomio, che si colloca dopo il racconto della manifestazione divina sull’Oreb e dopo le prospettive di castigo se il popolo non si mantiene fedele all’alleanza, Mosè canta la grandezza di Dio che si fa vicino al popolo eletto. È già un Dio per noi che cerca la relazione con il popolo. Nella pagina che conclude il Vangelo di Matteo, ci viene raccontato che il Dio-per-noi ora è anche il Dio-con-noi, nell’Incarnazione della Seconda Persona della Trinità e nella sua presenza nell’opera della Chiesa.
La Seconda Lettura tratta dalla Lettera ai Romani, capolavoro della teologia paolina, ci fa vedere il grande mistero di un Dio che desidera che l’uomo sia in Lui. L’appartenenza dell’uomo a Dio è descritta attraverso la realtà dell’adozione, frequente nelle ricche famiglie senatoriali o imperiali dell’antica Roma, e che nella dimensione della fede ci dice che la figliolanza appartiene innanzitutto, e in maniera piena, a Gesù e noi, attraverso di Lui, siamo figli. Il cristiano diventa tale se si lascia guidare dallo Spirito, che è il fondamento della nuova identità e che vive nel cristiano, suscitando la preghiera e l’invocazione: “Abbà!”.
L’essere figli è opera della Trinità: lo Spirito ci immette nella paternità di Dio di cui siamo eredi; eredi di un regno in cui Dio sarà tutto in tutti; coeredi di Cristo che significa partecipare della sua gloria. È una partecipazione di carattere pasquale: bisogna innanzitutto condividerne la sofferenza, la croce, l’obbedienza fino alla fine per poter partecipare della sua gloria.
Don Tiziano Galati
Responsabile dell’Apostolato Biblico
Ufficio Catechistico