Il Salmo responsoriale di questa Celebrazione, che descrive il ritorno in Palestina dei deportati a Babilonia, è costruito sul contrasto tra avvenimenti drammatici dell’esilio e del ritorno e l’opera liberatrice di Dio. Questo contrasto viene evidenziato anche nella pagina evangelica. Il Salmo responsoriale e il Vangelo, mentre sottolineano la signoria di Gesù sul mare, suggeriscono l’invocazione fiduciosa a Dio nel pericolo, insieme allo stupore e al timore di fronte alla potenza del Signore che comanda. Entrambi i brani scritturistici presentano lo stesso schema letterario: la situazione di pericolo (lo scatenamento delle forze del mare), l’invocazione fiduciosa a Dio, l’intervento miracoloso del Signore, l’azione di grazie (salmo), lo stupore e il timore (vangelo).
Il tema della fede-fìducia nelle prove diventa centrale nel Vangelo. I discepoli, narra Marco, ammirano con stupore Gesù e ne traggono giustamente una conclusione-interrogativo: «Chi è costui?». Il miracolo è sempre un segno e un invito a vedere oltre il fatto stesso. Essi sapevano leggere nell’universo l’opera di Dio e anche il mistero di quest’uomo che ha sulla natura un potere simile a quello di Dio: «In questa navigazione – commenta San Beda il Venerabile – il Signore si degna di mostrare ambedue le nature della sua unica persona, in quanto è lui che dorme sulla barca (uomo) ed è lui che placa con la parola la violenza del mare (Dio)».
La signoria di Dio sugli elementi della natura è la risposta che l’Onnipotente offre a Giobbe al termine dei discorsi di quest’ultimo e dei suoi amici. Giobbe che si è proclamato innocente, o almeno non più colpevole di tanti altri uomini, dichiara di non capire il suo cumulo di mali e sventure. Ecco per Giobbe un primo insegnamento: bisogna affidarsi a Dio, umiliarsi davanti al mistero, e accettare il dolore anche senza comprenderne il come e il perché. Del resto, la piccola intelligenza umana che trova già tanto mistero nell’immensità del mare, del cosmo, del sorgere dell’aurora, come potrà non sbalordirsi di fronte a Dio e alle sue inscrutabili, ma certamente sagge disposizioni? Dunque, Giobbe (e in lui ogni mortale) deve ammirare il creato, facendone un gradino per salire al Creatore.
Don Tiziano Galati
Responsabile dell’Apostolato Biblico
Ufficio Catechistico