Da piccoli, allorché ci siamo affacciati alla vita, abbiamo incontrato delle figure che ci hanno accompagnato a crescere. Subito dopo il papà e la mamma, che ci hanno dato nutrimento e affetto, abbiamo incontrato il medico e il maestro, i quali ci hanno aiutato l’uno a gestire la malattia, entrando nella pienezza della salute, l’altro a gestire l’ignoranza, introducendoci nella conoscenza e nel possesso del senso della vita. Nel vangelo Gesù viene presentato secondo questo binomio. Dopo aver chiamato i primi quattro compagni, oggi, nella sinagoga, Gesù insegna e guarisce.
«Uno che ha autorità»
Gesù stupisce i presenti perché insegna come uno che ha autorità. Infatti, mentre i rabbi d’Israele duemila anni fa o io sacerdote della chiesa cattolica oggi non possiamo insegnare se non appoggiandoci ad un mandato ricevuto e dentro i limiti di questo, altrimenti ci si potrebbe obbiettare che non siamo nessuno per parlare – Gesù invece parlava con autorità, perché il fondamento del suo insegnamento era la sua relazione unica con il Padre. In virtù di questa relazione, Gesù poteva insegnare la Parola con la clausola «ma io vi dico». Immaginiamo che io vi dicessi: «Il Vangelo dice così, ma io vi dico…». Come potrei permettermelo? Ebbene Gesù se lo permetteva, perché la sua identità di Figlio e il suo dialogo con il Padre gli conferivano questa autorità nell’insegnare. Gesù è colui che ci mostra, nel buio della storia, la mappa e la luce per giungere a Dio e al senso di noi stessi.
Questo ci porta a recuperare la funzione dell’autorità, nella nostra società «senza padri». Auctoritas vuol dire accrescere. L’autorità è il compito di far crescere l’altro, e – ben interpretata – è una funzione essenziale nella famiglia, nella chiesa e in ogni gruppo sociale.
E noi a chi diamo autorità? Ai maghi? Agli oroscopi? Alle cartomanti? Agli editorialisti dei quotidiani? Ai conduttori dei talk show? Ai protagonisti dei reality show? Solamente Gesù può avere autorità su di noi. Solamente a Gesù vale la pena di rivolgersi per ricevere l’orientamento adeguato per la nostra vita.
«Gesù è il Signore»
Due errori opposti, a proposito del demonio. Il primo è di enfatizzarne il ruolo, attribuendogli fenomeni che invece rientrano nel campo della natura, oppure nel campo della libertà umana. Il secondo errore è di negarne l’esistenza e l’azione. Nei vangeli buona parte dell’attività di Gesù è di carattere esorcistico; e l’ultima domanda che ci ha insegnato a rivolgere al Padre è «liberaci dal male», che potrebbe anche essere tradotto «liberaci dal maligno». Dunque dobbiamo considerarne l’esistenza e l’azione.
Come individuarlo? Non ha né zoccoli né corna né puzza di zolfo. Al contrario, conviene pensarlo attraverso l’immagine al contempo di un uomo di grande forza e di una donna bellissima. C’è insieme una dimensione di straordinaria potenza e straordinaria seduzione. Ma è da che cosa fa che ci accorgiamo che preme su di noi. E che cosa fa? Egli — come dice l’Apocalisse — è l’accusatore: colui che mette gli uomini contro Dio e per conseguenza gli uomini gli uni contro gli altri. Da dove nasce il sordo rancore verso Dio che alberga in qualche parte del nostro cuore, la cui voce parla e ci dice: «Dio non ti ama. Dio è invidioso della tua realizzazione. Dio è un ostacolo, un freno. Liberati di lui, perché – non vedi? — egli non si prende cura di te. Dio non c’è, e anche se c’è — poiché non ti ama — è come se non ci fosse»? Nasce dal diavolo, che cerca di mettere un velo sulla verità che noi siamo gli infinitamente amati da Dio, e di impedirci di amare sino alla fine. Quando sentiamo questa voce che ci getta nella tristezza, vuol dire che il maligno fa il suo mestiere.
Poiché il maligno c’è e opera, come facciamo a difendercene? Nei vangeli i demoni dicono molte cose su Gesù, peraltro tutte esatte, come quella riportata dal vangelo di oggi, perché il diavolo conosce ma non ama. C’è però un’unica affermazione che i demoni non formulano mai, perché non potrebbero porla sulle loro labbra, in quanto implica un’adesione personale, una scelta di dedizione totale e amorosa. È l’espressione «Gesù è il Signore», che significa che egli è il tutto della nostra vita, colui sul quale ci poggiamo con piena fiducia, perché ci ama ed è degno del dono totale. Questo, un diavolo non potrebbe mai dirlo. Ebbene, quando sentiamo che il maligno fa pressione nel nostro cuore per metterci contro Dio, ripetiamo nel nostro cuore «Gesù è il Signore: Gesù, tu sei colui nel quale depongo tutta la mia vita, ed io mi affido a te». È un piccolo esorcismo. pronunciamo questa frase, che ha un valore quasi sacramentale, e sentiremo dileguarsi le pressioni diaboliche, e instaurarsi una grande pace.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo