La missione di Gesù ha un esito felice
Il mistero dell’ascensione ha in primo luogo un profilo cristologico. Per Gesù l’ascensione è da un lato il suggello del mistero pasquale. La sua scelta è stata quella giusta. C’era stato un momento — il venerdì santo — in cui sembrava che quella di Gesù fosse la scelta di un uomo buono, nobilissimo, esemplare, ma in fondo perdente, perché pareva fosse l’onnipotenza del male a vincere… Ma Dio ha pronunciato l’ultima parola! Dio ha confermato con la risurrezione che la scelta di Gesù era quella giusta. L’ascensione mostra che tutto l’impegno d’amore di Gesù non è andato perso, ma è in salvo presso Dio. Dall’altro lato, con l’ascensione Gesù inaugura un nuovo modo di essere presente. L’ascensione non è infatti una liturgia di addio o arrivederci, poiché il Signore non smette di essere presente, come ci ha ripetuto il versetto alleluiatico:: «Io sono con voi tutti i giorni…». Mentre con la sua carne egli poteva essere presente solo in modo limitato, a poche migliaia di persone e per pochi anni, ora invece nello Spirito Santo Gesù può raggiungere ogni uomo e ogni donna in ogni tempo e in ogni luogo.
Uomini tra cielo e terra
Ma l’ascensione ha anche un riverbero antropologico. Infatti, quello che di Gesù viene glorificato ed entra nella gloria di Dio è la sua umanità. Il mistero dell’incarnazione non si dissolve con la fine del suo ministero terreno, ma permane eternamente. L’umanità di Gesù è una realtà appartenente alla creazione, che – misteriosamente ma realmente – entra nella vita del Creatore, rimane per sempre, e riveste un significato perenne nel nostro rapporto con Dio. L’ascensione è dunque la celebrazione anche della nostra umanità. In tutto uguale a quella di Gesù, la nostra umanità è destinata anch’essa a passare dalla terra al cielo. Quanto grande è, allora, la dignità dell’uomo! E quanto grande è il suo futuro. Dinanzi a noi non c’è il nulla, un vuoto eterno pieno di buio. Questo ci sprofonda nella disperazione e ci riempie di aggressività perché, se è così, dobbiamo giocarci tutte le nostre carte in questa manciata di giorni, finché siamo vivi, a qualunque costo… Al contrario, noi abbiamo un futuro e questo futuro è Gesù! Sentiamo rinascere così la fiducia e la pace, perché sappiamo che vale la pena di compiere tutti i nostri sforzi, anche quando sembra agli occhi del mondo che siamo nel fallimento. La scelta di Gesù è la scelta che Dio conferma eternamente con l’ascensione, e la stessa conferma attende anche noi. Davanti a noi c’è il cielo, e questo cielo è l’Infinitamente Amato di un Infinito Amore dall’Infinitamente Amante!
Come in cielo così in terra
Ma che davanti a noi ci sia il cielo, non vuol dire che dobbiamo restare inoperosi a contemplarlo: «uomini di Galilea, perché ve ne state a guardare il cielo?»… Quanto più il nostro pensiero è al cielo, tanto più il nostro impegno deve essere dedicato alla terra. Quando si attende la venuta di una persona amata, si sta forse con le mani in mano a far niente? O non piuttosto ci si dedica a rendere più accogliente il luogo dove egli giungerà? Quanto più desideriamo la venuta di Gesù, il nostro cielo, tanto più dobbiamo rendere bella e accogliente la terra.
Ebbene, la terra da trasformare in vista del cielo siamo noi! Se aderiamo a Gesù, ecco che davvero in noi si compiono i segni di cui il Signore parla nel vangelo. «Scacciare i demoni». Ci sono in noi e attorno a noi voci che cercano di allontanarci da Dio. Noi potremo gridare che siamo amati da Dio e che siamo fatti per lui e per il suo amore. «Parlare lingue nuove». Non è forse vero che molte guerre — fra stati, ma anche nelle famiglie…— nascono dal fatto che non sappiamo neppure comunicare? La vita nuova in Cristo ci rende uomini capaci e appassionati del comunicare, desiderosi ed idonei a trovare la via per comprendersi e accogliersi con l’altro. «Prendere in mano i serpenti». Non giacciono nella nostra vita, dentro di noi, nei rapporti con gli altri dei grovigli che non vogliamo affrontare e di cui differiamo la soluzione? Il cristiano non ha più paura di confrontarsi con il lato oscuro e non umanizzato che è in lui o negli altri, ed entra nel nodo delle relazioni per affrontare i conflitti e traghettarli verso la comunione. «Bere i veleni senza subirne danno». Quali sono i veleni se non i vizi e i peccati: gola, invidia, lussuria, accidia, tristezza… Il mondo ci spinge a lasciarcene trasformare, ma noi sapremo stare nel mondo senza lasciarci intossicare dai veleni che esso presenta come bevande desiderabili. «Imporre le mani ai malati e guarirli». Di che cosa siamo ammalati e moriamo, se non di poco amore? E da che cosa veniamo guariti se non dal trovare amore? Il cristiano è qualcuno che abbraccia e bacia l’altro e gli dice «ti voglio bene» e così lo guarisce. Come Gesù.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo