Dio è mistero
Svolgendo una meditazione trinitaria, la prima affermazione deve essere che Dio è mistero. Se le affermazione della fede sull’unità e trinità di Dio risultassero pienamente comprensibili, dovremmo allarmarci piuttosto che rasserenarci. «Si intelligis non est Deus», diceva uno dei primi cristiani. Dio è l’ineffabile, colui che mai potrà essere incapsulato da una parola, da un concetto, da un’immagine prodotta dall’uomo. E come potrebbe il mio piccolo cervello, come potrebbe la mia povera anima catturare l’Infinito? Dire Dio significa dire Colui che è dentro tutte le cose e oltre tutte le cose, infinitamente intimo ma anche infinitamente trascendente. Dio non è una realtà accanto alle altre realtà con la sola differenza di essere molto al disopra ma sempre sulla stessa scala. No, Dio è su una scala completamente diversa, Dio è il Totalmente Altro, Dio è il Mistero Assoluto e santo, in una parola Dio è Dio. Lasciamo dunque che Dio sia Dio. Accettiamo di essere soltanto dei poveri mendicanti, dei pellegrini incamminati sulle tracce della presenza di Dio in questa storia e in questo cosmo.
Dio è amore
Tale affermazione, cui noi cristiani di oggi siamo assuefatti, era al contrario scandalosa quando l’hanno pronunciata i primi cristiani. Come potrebbe infatti – pensavano gli antichi – Dio amare? Amare, infatti, non è una proclamazione di indigenza? Dire a qualcuno «ti amo», non significa, infatti, dirgli «senza di te io non sono completo, senza di non posso vivere, io ho bisogno di te»? E come potrebbe – pensavano gli antichi – Dio aver bisogno di qualcuno, egli che è perfetto e non manca di nulla? Dio può essere amato, ma non può amare. Questa concezione viene rovesciata con il cristianesimo e a partire da Gesù di Nazaret affermiamo che Dio è amore.
Dio è amore in se stesso, poiché egli sussiste come Eterno Amante, Eterno Amato ed Eterno Amore. Poiché poi è amore in se stesso, Dio è amore verso di noi. Quali sono i desideri dell’amante verso l’amato? Il primo desiderio dell’amante dice all’amato: «io voglio che tu esista». È il mistero della creazione che promana dal Padre, e chiama ad esistenza tutte le cose, noi uomini e donne in luogo speciale, ma anche le stelle, e gli alberi, e le montagne, e ogni fogliolina e ogni goccia d’acqua. Il secondo desiderio dell’amante verso l’amato dice: «io ti perdono». Chi non lo sa? Colui che ama deve prepararsi a soffrire, ma colui che ama sa superare la ferita che riceve dall’amato con il perdonare, che è generare una seconda volta l’amore. Questa è l’opera della redenzione, attuata per mezzo del Figlio, colui che riconcilia gli uomini con Dio e fra loro. Infine l’amante dice all’amato: «non posso vivere senza di te, devo vivere sempre accanto a te, anzi vorrei vivere dentro di te, tu sei il luogo in cui vorrei abitare». Tale è il mistero che si realizza allorché ci vien fatto il dono dello Spirito, nel quale la Santissima Trinità prende dimora dentro di noi, e noi diventiamo l’«abitazione» di Dio, ove egli vuole sempre stare, ed effondere la dolcezza della sua presenza e trovare gioia e riposo.
Dio è santità
Noi tutti siamo venuti qui, nell’odierna domenica, vestiti in maniera adatta, scegliendo una tenuta adatta, un po’ più ricercata, e non certo in pigiama e pantofole. Allorché ci accostiamo ad una presenza superiore alla nostra, cerchiamo di adeguarci a tale presenza, innalzando il nostro livello per quanto possiamo. Per Dio dev’essere così, all’infinita potenza. Ci sono infatti condizioni che favoriscono la presenza della Trinità in noi, e condizioni che la ostacolano. Quali sono quelle che la ostacolano? Essenzialmente una: il peccato, e tutte le altre ne sono rifrazioni. Il peccato è l’inversione del movimento intimo della Trinità. Voglio spiegarlo ricorrendo all’esperienza di don Tonino Bello. Questi fu consigliato da un suo amico prete, che era cappellano degli zingari, a spiegare l’unità e la trinità di Dio non dicendo che la Trinità è 1 più 1 più 1, perché questo fa tre, ma dicendo che la Trinità è 1 per 1 per 1, che fa sempre uno. Il mistero della vita intima di Dio è, così, quello della reciprocità, della complementarietà, dell’esistere l’uno per l’altro e dall’altro e con l’altro e nell’altro. Il peccato è la rottura di tutto ciò. Il peccato è il vivere l’uno contro l’altro e contro l’altro e ancora contro l’altro, nella spirale dell’odio e della violenza. Come potrò accogliere la vita della Trinità in me, se nel mio cuore c’è il risentimento, la violenza, il disprezzo verso il fratello? Il peccato è vivere in modo antitrinitario. La santità è vivere nel segno della Trinità.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo