Gesù sta andando verso Gerusalemme, seguito da un gruppo di discepoli sempre più impauriti. Egli li chiama a sé e racconta loro una terza e ultima volta ciò che gli accadrà una volta arrivato alla città santa. Il racconto è vivo e molto più preciso dei due precedenti annunci della passione (Marco 8,31 e 9,31) e sembra un vero e proprio riassunto della passione di Gesù così come poi verrà raccontata da Marco nei capitoli 14 e 15. Dopo i primi annunci della Passione, i discepoli mostrano di non aver capito molto né di quanto Gesù aveva detto loro, né dello stile con cui è necessario seguirlo. Dopo il primo annuncio Pietro rimprovera Gesù, dicendogli forse che non era così che poteva finire un vero messia. Pietro in questo modo si guadagna il titolo di Satana e di pietra di inciampo.
Dopo il secondo annuncio i discepoli avevano discusso chi di loro fosse il più grande, portando Gesù a ricordare che il più grande è colui che serve. Al termine di questo terzo annuncio la reazione dei discepoli è molto simile ed è raccontata nel Vangelo scelto per questa domenica: Giacomo e Giovanni chiedono di sedere a destra e a sinistra di Gesù nella sua gloria. Il contrasto tra le parole di Gesù e la richiesta dei due fratelli è molto forte. Gesù assicura che i suoi discepoli saranno uniti in qualche modo al suo destino: bere il calice della sofferenza ed essere battezzati, purificati sono immagini che indicano una partecipazione piena alla Passione del Signore e al suo destino di rifiuto e persecuzione, ma il sedere alla destra e alla sinistra di Gesù, nei posti dell’autorità, sarà deciso da Dio.
Il destino di Gesù è ormai chiaro: la croce, ma non come realtà ultima, perché ad essa seguirà la resurrezione, come cantato nel Quarto Carme del Servo del Signore da cui è tratta la Prima Lettura e che contiene sì l’annuncio della Passione, ma anche la promessa della glorificazione del Servo del Signore. Gli altri discepoli, avendo sentito la richiesta di Giacomo e Giovanni protestano contro di loro: è questo un espediente letterario che serve per introdurre una nuova riflessione circa l’esercizio dell’autorità che nella comunità dei credenti non segue le direttive del mondo, ma nuovi criteri, perché chi vuol diventare grande o essere il primo deve farsi “servitore” o addirittura “schiavo” di tutti. Il primo di questi due termini designa il servizio che uno esercita di sua spontanea volontà, mentre il secondo si riferisce al lavoro coatto. Il modello che viene offerto ai discepoli perché possano vivere tutto questo è lo stesso Gesù.
Don Tiziano Galati
Responsabile dell’Apostolato Biblico
Ufficio Catechistico