Questa Domenica chiude l’Ottava di Pasqua, cioè il tempo di otto giorni che la Chiesa dona per entrare nel mistero della Pasqua del Signore, e forma con la Domenica della Resurrezione un unico grande giorno. Nella pagina evangelica ci viene raccontato l’incontro tra il Risorto e Tommaso, il discepolo incredulo che farà dono alla Chiesa della professione di fede più bella di tutta la storia: “Mio Signore e mio Dio”.
La professione di fede nasce dall’incontro con una persona che susciti la fiducia, dall’ascoltare la sua Parola. Un incontro porta Tommaso a passare da una dimensione di incredulità e di pessimismo, non esplicito, ma velato nelle sue parole, ad una dimensione di fede e di ottimismo che l’evangelista descrive con le ultime parole del brano che la Liturgia ci consegna: “perché credendo abbiate la vita”. Un incontro è descritto anche nella Seconda Lettura. Il veggente di Patmos ha davanti a sé una figura misteriosa che è simile ad un Figlio d’uomo e che di se stesso dice di essere: “Il Primo e l’Ultimo e il Vivente” esprimendo con questo participio presente la presenza continua di Colui che ha sperimentato la morte ma l’ha vinta, ne porta i segni, come Gesù fa vedere a Tommaso, per dimostrare che il Crocifisso è il Risorto.
Con un’affermazione solenne chi parla afferma la sua vittoria sulla morte, si passa da un punto di vista grammaticale da un verbo al passato, la morte come evento storico e fissato nel tempo, ad un verbo ancora una volta al participio presente, la Resurrezione come evento che non ha fine. La sua presenza è una viva e vivificante, ne fanno esperienza gli apostoli che dopo la Resurrezione e la Pentecoste diventano annunciatori convinti del Vangelo annunciato sotto il portico di Salomone. Alle parole si accompagnano i gesti, i fatti, operati non per la forza degli apostoli, ma perché in loro opera il Vivente, colui che vive per sempre ed è fonte della vita.
Don Tiziano Galati
Responsabile dell’Apostolato Biblico
Ufficio Catechistico