Lettera dell’Arcivescovo a tutti i fedeli per il Natale 2024

La speranza della verità

Corrado Giaquinto, Sacra Famiglia con Sant'Anna e San Gioacchino, prima metà sec. XVIII, Giurdignano (Le), Chiesa Madre

Carissimi fratelli, carissime sorelle,

stiamo entrando nell’anno giubilare dedicato alla virtù della speranza, e insieme con voi vorrei considerare alcune dimensioni di questa virtù. Incomincio dalla speranza della verità.

La luce vera che illumina l’uomo

Come ho scritto negli Orientamenti pastorali per l’anno 2024-25, nel nostro cuore troviamo il desiderio di incontrare la verità, di comprendere il senso della nostra esistenza, la causa ed il fine della realtà, il significato della gioia e del dolore, il valore della vita e della morte. Che sorte avranno tutte le opere che abbiamo prodotto con la nostra mente e le nostre mani, e le relazioni con le persone a noi care? Dopo la vita sulla Terra c’è qualcos’altro? Esiste Dio? E se esiste, è possibile mettersi in comunicazione con lui?

Giacomo Leopardi, nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, dà forma poetica alle domande del cuore umano: «E quando miro in cielo arder le stelle, / Dico fra me pensando: / A che tante facelle? / Che fa l’aria infinita, e quel profondo / Infinito Seren? che vuol dir questa / Solitudine immensa? ed io che sono?». Alla poesia può far eco la scienza. L’astrofisica Margarita Hack ha pubblicato un suo volume, intitolandolo Il perché non lo so, quasi a voler prevenire la domanda sulle conseguenze della sua ricerca. Ma l’uomo ha bisogno di vivere con un perché, ha bisogno di una risposta alla domanda che gli abita l’anima: «Qual è la verità?».

Ora, per il Vangelo il senso di tutto è Dio stesso, Egli è la causa prima e ultima di tutte le cose, ed adempie le proprie promesse in Colui che è venuto a testimoniarlo: il Signore Gesù, la luce vera, quella che illumina l’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo (cf Gv 1,9). La verità sussiste in Gesù Cristo, che rivela all’uomo l’amore del Padre ma anche l’identità e la vocazione dell’uomo stesso. Come insegna Papa Francesco, incontrando la verità che è Cristo, «il cuore dell’uomo sperimenta già sin d’ora, nel chiaroscuro della storia, la luce e la festa senza più tramonto dell’unione con Dio e dell’unità coi fratelli e le sorelle nella casa comune del creato di cui godrà senza fine nella piena comunione con Dio» (Veritatis gaudium, 1).

Veramente Dio

Vivremo nel 2025 il diciassettesimo centenario del primo Concilio ecumenico, tenutosi a Nicea nel 325. La filosofia greca, con cui il primo cristianesimo doveva confrontarsi, ammetteva gradi intermedi dell’essere, tra quello di Dio e quello delle creature, e riteneva quindi che ci fossero anche delle divinità inferiori alla divinità suprema. L’eresia dell’arianesimo collocava Gesù appunto in un grado subordinato, riconoscendone sì la divinità, ma non in modo pieno. La conseguenza è che, se Gesù non è veramente Dio, nel modo più pieno che l’uomo può intendere, allora neppure può essere il Salvatore, e la sua opera non produce la salvezza dell’uomo. La questione non era solo dottrinale, ma esistenziale, perché – allora come oggi – per Cristo i cristiani devono essere disposti anche a morire. Solo se Gesù è veramente nella sua persona il Salvatore, allora noi siamo veramente salvi, e per lui vale la pena di affrontare il martirio.

Il Concilio di Nicea risponde all’eresia, partendo dalla prospettiva biblica, secondo cui esistono solo due gradi di essere, quello di Dio e quello della creatura, e colloca Gesù sul piano dell’essere di Dio. Egli è definito «Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre», non dunque una divinità di rango inferiore, ma divino come Dio Padre. Ponendo questa affermazione sulla pienezza dell’essere del Salvatore, il Concilio assicura anche la pienezza della nostra salvezza.

La questione potrebbe sembrare dottrina astratta, ma è ancora oggi di attualità, nel nostro contesto di secolarizzazione e di pluralismo religioso. Crediamo che Gesù è pienamente Dio, o lo pensiamo solo come un maestro di spiritualità, un uomo eccezionale, forse il più grande di tutti gli uomini, ma in fondo soltanto un uomo come noi?

Il Natale ci spinga ad interrogarci sull’integrità della nostra fede, e a desiderare di conoscerla e approfondirla in tutte le sue ricchezze.

Veramente uomo

Nondimeno, se Gesù è veramente Dio, in virtù dell’Incarnazione è però anche veramente uomo. Non saremmo salvi se Egli non fosse pienamente Dio, ma non saremmo salvi neanche se Egli non fosse veramente uomo. Come ha insegnato il Concilio Vaticano II, «solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Gaudium et spes, 22). L’umanità di Gesù è il modello guardando al quale il Padre ha creato l’uomo, e su tale modello lo Spirito Santo costantemente ci ricrea. Perciò, «chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo» (Gaudium et spes, 41).

L’umanità di Gesù, Parola di Dio fatta carne, è la via attraverso cui Dio arriva a noi e noi arriviamo a Dio. Santa Teresa d’Avila confessa: «Per me, ho sempre riconosciuto e tuttora riconosco che non possiamo piacere a Dio, né Dio accorda le sue grazie se non per il tramite dell’Umanità santissima di Cristo, nel quale ha detto di compiacersi. Ne ho fatta molte volte l’esperienza, e me l’ha detto Lui stesso, per cui posso dire di aver veduto che per essere a parte dei segreti di Dio, bisogna passare per questa porta. Perciò chi lo segue non voglia cercare altra strada, nemmeno se già al sommo della contemplazione, perché di qui si è sicuri. Da questo dolce Signore ci deriva ogni bene. Egli ci istruirà. Studi la Sua vita e non troverà un modello più perfetto» (Vita, XXII, 6-7).

Sulla pienezza dell’ammirevole umanità di Gesù e del suo amore, si è diffuso Papa Francesco nella sua quarta Enciclica, Dilexit nos, che è una contemplazione del Cuore di Cristo. Vi invito a farne la vostra traccia di meditazione in preparazione al Natale, e ad assimilarla sentitamente.

Trovare e continuare a cercare

Nella Liturgia delle Ore, chiediamo a Dio che conceda a quanti cercano la verità, la gioia di trovarla, e il desiderio di cercarla ancora, dopo averla trovata. Il cammino di fede è infatti ininterrotto: finché durano questi cieli e questa terra, è un pellegrinaggio, ma nella gioia di aver già trovato in Gesù ciò che il nostro cuore cerca, e di poter ancora continuare a conoscere l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità del Dio vivo e vero (cf Efesini 3, 12).

Venerando Gesù Bambino nel presepe, rivolgiamogli con stupore la preghiera di Sant’Agostino (La Trinità, 15, 28, 51).

Signore mio Dio, unica mia speranza, fa’ che stanco non smetta di cercarTi,

ma cerchi il Tuo volto sempre con ardore.

Dammi la forza di cercare, Tu che ti sei fatto incontrare,

e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarTi.

Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa.

Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza;

dove mi hai aperto, accoglimi al mio entrare;

dove mi hai chiuso, aprimi quando busso.

Fa’ che mi ricordi di Te, che intenda Te, che ami Te. Amen!

Otranto, 21 dicembre 2024

+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo