Domenica fra l’Ottava di Natale – Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – Anno B

Giuseppe e Maria

Sono due giovani di fede, che mettono Dio al primo posto, come capiamo dal ritornello «come prescrive la legge del Signore». La fedeltà a Dio ritmava la loro famiglia. Sono spiazzati dall’obbedienza a Dio, che li porta a vivere vicende delle quali immediatamente non comprendono il significato: «si stupivano delle cose che si dicevano di lui»… Sono poveri, come capiamo dal fatto che offrono «una coppia di colombi», e non un capo di bestiame più consistente. Non erano miserabili, ma non potevano permettersi un tenore di vita troppo elevato. Tuttavia la loro povertà non è un impedimento ad essere felici. Perché? Perché si amano! Giuseppe ama intensamente Maria come un uomo può amare una donna, come uno sposo ama la sua sposa. Maria ama intensamente Giuseppe come una donna può amare un uomo, come una sposa ama il suo sposo. Per preservare la verità della verginità di Maria prima durante e dopo il parto, gli apocrifi (e questo è passato nell’iconografia devozionale) hanno inventato un san Giuseppe stravecchio, cioè inidoneo a procreare, e certa patristica ha supposto un voto di verginità di Maria, tuttavia ben difficile da conciliare con la condizione matrimoniale. Ma non c’è bisogno di tali forzature, che non onorano la grandezza dei Santi Sposi. Certo Gesù è stato concepito da Maria senza concorso d’uomo, e nel loro matrimonio non c’è stato esercizio di sessualità, ma basta la loro pienezza di grazia a combinare un vero amore con una vera santità. Lo hanno narrato i santi, come don Tonino Bello nei suoi testi dedicati a Maria (Quella notte ad Efeso) e a Giuseppe (La carezza del Padre), o i poeti come Erri De Luca nel suo splendido Nel nome della madre.

Simeone e Anna

Sono molto anziani. Di lui si dice che, dopo aver visto Gesù, considera conclusa la sua vita, e può morire in pace (il suo cantico è inserito dalla chiesa nella liturgia delle ore a compieta). Di lei si dice che ha ottantaquattro anni: 12 x 7 = 84, come a dire che ha raggiunto il compimento di età che può attendersi da una vita umana. È come dire che Gesù è il compimento del desiderio umano. La ricerca del senso della vita si compie allorché l’uomo incontra Gesù, a qualunque età ciò avvenga. Quando si è incontrato Gesù, l’uomo ha raggiunto la meta della propria esistenza.

Il piccolo Gesù

Del bimbo si dicono cose diverse. Egli è la Luce per illuminare le genti, la Gloria di Israele suo popolo… E poi lo si descrive mentre cresce, si fortifica, pieno di sapienza, avvolto dalla grazia di Dio. Già ci è nota la Madre del Signore come la piena di grazia, ma per capire più a fondo tale messaggio, possiamo rifarci all’incontro con qualcuno dei santi del nostro tempo che ci è capitato di incontrare personalmente: padre Pio, madre Teresa, Giovanni Paolo II, don Tonino Bello… Non abbiamo fatto l’esperienza che queste persone avessero qualcosa di diverso, perché in loro abitava Dio, così che accostandoci a loro avevamo l’esperienza di accostarci anche a Dio? Questo vuol dire essere una persona piena di grazia. E Gesù è la pienezza di grazia perché chi si accosta a lui sa di entrare con certezza in contatto con Dio.

Gesù il principio della perenne giovinezza

Quando Gesù entra in scena, Simeone e Anna si ritirano. Quando entra questo piccolo, ciò che è vecchio gli cede il passo. Non parlo ora del conflitto tra le generazioni (anche se tale argomento dovrebbe pur essere affrontato alla luce del vangelo). Parlo piuttosto di quello che è giovane o vecchio dentro di noi. Che desiderio di ringiovanimento e di rigenerazione e di rinascita che avvertiamo dentro di noi… Per contro quante cose ci appesantiscono, ci tolgono vivacità, ci invecchiano, appunto. E sono ¾ come dice san Francesco ¾ i vizi e i peccati… Gesù è il principio della perenne giovinezza. Come ha detto un padre della chiesa ¾ e perdonate se lo dico in latino prima che in italiano, ma se Roberto Benigni ha ottimamente presentato un canto di Dante in televisione, io potrò pur citare un padre della chiesa durante un’omelia ¾ il Signore Gesù omnem novitatem attulit se ipsum afferens… Dove c’è Gesù, cede il passo tutto ciò che è vecchiezza e si apre il cuore alla freschezza, allo slancio verso il futuro, all’entusiasmo per la vita, alla speranza, insomma alla giovinezza.

Parole di benedizione

Simeone prende tra le braccia Gesù, quasi lo strappa dalle braccia dei genitori, e subito scoppia un canto di benedizione: benedice Dio, benedice Maria e Giuseppe. Dove c’è Gesù, sgorgano parole di benedizione. Benedire, dire bene… Non ci siamo molto abituati. Siamo abituati anzi a dire male, se non addirittura a maledire. Da quando ci svegliamo la mattina sino a quando facciamo colazione, di quante persone siamo riusciti a pensare male? E quante volte diciamo male, proprio delle persone che sono una cosa sola con noi… E non direttamente, ma alle spalle. Invece che cosa ci vuole a prendere ogni tanto tra le braccia le persone che Dio ci ha messo accanto e dire loro «com’è bello che tu ci sia! tu sei per me una benedizione!»? Abbiamo bisogno ogni tanto di trasmettere e ricevere benedizione.

Stringere fra le braccia il bambino

Tutto ciò diventa possibile, solo se stringiamo fra le braccia il bambino, come hanno avuto il dono di poter fare alcuni santi. Pensiamo ad Antonio di Padova, che viene raffigurato con il bambino Gesù tra le braccia, o al il primo dei santi cappuccini, Felice da Cantalice, o ancora a Teresa di Lisieux che si è voluta denominare appunto Teresa di Gesù Bambino. Energie di vita si ridestano in noi a tenere un bimbo tra le braccia, meccanismi d’amore si rimettono in movimento… Il bambino Gesù libera le nostre energie di vita e di amore.

+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo