Quello che accade ora, è tra il battesimo di Gesù e l’inizio del suo ministero pubblico. Gesù, battezzato nel Giordano, ne è emerso grondante d’acqua ma — molto di più — grondante di Spirito santo. È ora lo Spirito, la ruah, a sospingerlo nel deserto, come il vento — dolcemente ma fermamente — sospinge una barca a vela nella sua navigazione. Se è lo Spirito a condurre Gesù, vuol dire che ciò che sta per accadere è bene che accada. È nella volontà provvidente di Dio che tutto ciò accada.
I quaranta giorni indicano il tempo (teologico) di una dura prova, di una lotta al dalla quale si esce profondamente trasformati. Ne abbiamo un esempio nella prima lettura: quaranta giorni di diluvio, dopo i quali la terra è purificata e splende nel cosmo l’arcobaleno dell’armonia tra Dio e l’uomo. Il luogo è il deserto, il luogo dell’essenziale, dove non c’è nient’altro fra sabbia e sole se non noi soli dinanzi a Dio. Un luogo di intimità, perché tacciono le distrazioni, ma anche un luogo pericoloso, perché ogni errore si paga e un passo falso può costare la vita.
Il provocatore è Satana, all’inizio, durante e al termine della vita di Gesù, direttamente o per bocca di altri, tenta di affascinare Gesù a percorrere vie diverse da quella che il Padre gli ha segnato.
Al termine del testo marciano si dice di Gesù che stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Di che fiere si tratta? Forse che Gesù ha avuto tigri, leoni e pantere intorno a sé? Il profeta Isaia preconizza un tempo in cui il lupo e l’agnello staranno insieme, ed il bambino giocherà col serpente… ma vuole anche questo testo riferirsi alla natura che è esternaall’uomo? Saremmo fuori strada, perché dobbiamo piuttosto guardare a quello che è interno all’uomo. Dentro di noi ci sono delle forze istintive, dalle quali così spesso ci lasciamo soggiogare e sbranare: l’aggressività, ed esempio. Queste forze — come le fiere — non sono né cattive né buone. Sono solo delle forze, che lasciate a se stesse rimangono cieche, ma addomesticate dall’uomo diventano per lui delle risorse. Così per quanto riguarda gli angeli. Essi sono i fraterni compagni cui Dio ci ha affidato per «illuminarci, custodirci, reggerci e governarci». Ci stanno al fianco per condurci verso l’ideale, col loro consiglio ed il loro orientamento. Sono in noi come la voce della responsabilità. Ma non capita che talvolta la voce della responsabilità ci opprima oltre il possibile, ed anziché renderci ordinatamente felici ci conduce a non farcela più e a mollare tutto, gettandoci in uno stato di prostrazione…
Gesù lotta e vince
Come possiamo allora sintetizzare tutto quanto è avvenuto in questo mistero tanto drammatico e luminoso? Come ci sentiamo noi dopo aver raggiunto il traguardo di una vittoria su noi stessi? Gesù, al termine della tentazione affrontata e superata, è entrato nel pieno possesso della sua umanità. È diventato interiormente unificato e colmo di armonia, vittorioso su satana, sulle fiere e sugli angeli. È se stesso come il Padre lo vuole. Avendo colmato se stesso di pace e di armonia, può accostare gli altri trasmettendo loro la pace e l’armonia che ha dentro. Può toccare e guarire l’altro. Comprendiamo la collocazione della prima lettura che descrive l’arcobaleno: al termine della lotta l’arcobaleno splendeva dentro l’umanità del Signore Gesù. Ora, la vita cristiana è una lotta, come viene indicato già dai riti battesimali, che prevedono l’unzione con l’olio dei catecumeni, e nella quaresima si riprende in forma intensa il combattimento.
Gesù vuole essere solamente se stesso
Perché Gesù è andato nel deserto? Rispondiamo con un’altra domanda: siamo veramente solo noi stessi? Decidiamo noi stessi chi dobbiamo essere? O non siamo piuttosto condizionati nelle scelte da quello che gli altri si aspettano da noi? A cominciare dalla scuola da frequentare per terminare con l’abito da indossare, non scegliamo tanto spesso non in base a ciò che si trova dentro di noi, ma in base a ciò che gli altri si aspettano che noi siamo? Nel deserto, invece, le voci degli altri tacciano. Nel mare di sabbia, sotto il cielo abitato dal sole, noi siamo soli, nudi dinanzi a noi stessi e dinanzi a Dio. Occorreva che Gesù andasse nel deserto affinché ogni voce umana tacesse, ed egli fosse assolutamente se stesso, secondo il disegno del Padre. Gesù doveva quello che il Padre desiderava. Ora, anche noi dobbiamo andare nel deserto, per essere solamente noi stessi dinanzi a Dio, come Gesù.
Gesù incomincia da se stesso
Ci sono persone che, essendo scontente di sé, proiettano la scontentezza intorno a sé: se «gli altri» fossero diversi, finalmente loro potrebbero essere felici. «Se non ci fosse il capufficio, la suocera, il coinquilino… allora sì che incomincia a vivere». In realtà queste persone scaricano sugli altri quello di cui esse sono insoddisfatte. Se fossero risanate interiormente e felici, non baderebbero a nessuno di quelli che li circonda. Queste persone siamo noi. Dobbiamo smetterla di ingannarci, ritenendo che potremmo iniziare a vivere se le cose intorno a noi cambiassero. Cambiamo noi stessi. Gli altri li cambieremo solo attraverso il nostro cambiamento. Incominciamo da noi stessi. «Converti te stesso», non chi ti sta accanto.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo