Pregare nello Spirito Santo, pregare lo Spirito Santo

Lettera a tutti i fedeli per la Pentecoste 2024

Carissimi fratelli, carissime sorelle,

condivido con voi una meditazione in occasione della solennità di Pentecoste, in cui contempliamo e celebriamo il culmine della storia della salvezza, il dono che il Padre e il Figlio ci fanno del loro stesso Amore, lo Spirito Santo. Poiché siamo nell’anno che la Chiesa dedica alla preghiera, in preparazione al Giubileo, desidero soffermarmi appunto sul rapporto tra lo Spirito Santo e la preghiera.

 

Lo Spirito Santo nella preghiera di Gesù

Consacrato già nell’Incarnazione nel grembo di Maria, Gesù riceve dal Padre l’unzione dello Spirito nel Battesimo. Oltre che Re e Profeta, il Signore viene consacrato Sacerdote. Il sacerdozio di Gesù si compie nella Pasqua, ma si esprime prima ancora nella sua preghiera.

Come ogni pio ebreo, Gesù ha pregato privatamente, prima dei pasti, e pubblicamente, cioè nelle sinagoghe, nel tempio a Gerusalemme, e durante i pellegrinaggi per le feste di Pasqua, di Pentecoste e delle Capanne.

In particolare, la preghiera personale è una finestra sulla sua interiorità. I Vangeli ci mostrano Gesù pregare ininterrottamente. Il cielo si apre su di lui, mentre prega ricevendo il Battesimo (Lc 3,21). Gesù si raccoglie in solitudine nel deserto, sul monte (Lc 5,15-16), la mattina presto (Mc, 1,35) o anche la notte intera (Mt 14,23). Gesù prega in vista di scelte decisive: prima della scelta dei Dodici, nucleo del nuovo Israele (Lc 6,12s); dopo la moltiplicazione dei pani e la crisi dei discepoli (Mc 6,45s); prima dell’annuncio della Passione (Lc 9,18); sul Tabor durante la Trasfigurazione (Lc 9,28s); benedicendo e lodando il Padre per la scelta dei piccoli (Mt 11,25-27); davanti alla tomba dell’amico Lazzaro (Gv 11,41s). Il Signore prega a conclusione dell’ultima Cena (Gv 17), nel giardino del Getsemani (Mc 14,32-34; cf Gv 12,23ss) e infine sulla Croce prima di morire come il giusto sofferente (Mc 15,34), chiedendo perdono per i suoi assassini (Lc 23,34), e abbandonandosi nelle mani del Padre (Lc 23,46).

Gesù in preghiera è affascinante, tanto che, proprio dopo averlo visto pregare, i discepoli chiedono di insegnare loro a pregare (Lc 11,1). Pregare per Gesù è come respirare. La sua preghiera è adorazione, ringraziamento, ricerca della volontà di Dio. è la preghiera del Figlio al Padre, di chi è consapevole della sua relazione unica con Dio, e gli si rivolge con una confidenza inaudita, chiamandolo «Abbà», papà, babbo, come fanno i bambini. La preghiera tra Gesù e il Padre è un dialogo d’amore: «Abbà» – «Figlio mio»… Tale dialogo è sviluppato appunto dal linguaggio che è lo Spirito Santo, con cui il Padre sostiene ininterrottamente il Figlio, e nel quale il Figlio rimane orientato al Padre sino alla fine.

 

Lo Spirito Santo nella nostra preghiera

La preghiera è tuttora un gesto d’amore che Gesù compie per noi, per cui egli «può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore» (Eb 7,25), e garantire il perenne dono dello Spirito alla Chiesa.

Dopo la prima Pentecoste, su Maria e gli Apostoli, lo Spirito viene effuso su ognuno nel Battesimo. Infatti, «noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito» (1Cor 12,13). Dio «ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna» (Tt 3,5-7).

La fonte di acqua viva che sgorga dal cuore del battezzato, lo fa prorompere nella professione di fede, attraverso l’esclamazione «Gesù è il Signore!», come insegna l’apostolo Paolo: «Nessuno può dire: “Gesù è Signore!”, se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1Cor 12,33). E ancora: «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Rm 10,9). Nei tempi in cui questa prima formula di fede è stata elaborata, essa poteva costare il martirio, perché il titolo “Signore” era riservato alle divinità pagane o all’imperatore che si faceva divinizzare. I cristiani invece, mossi dallo Spirito Santo proclamavano e proclamano che, non il Cesare di turno, ma Gesù è il Signore, colui che rappresenta tutto per noi, il Salvatore, e che per lui vale la pena di vivere e di morire.

Innestato in Gesù, il battezzato diventa figlio nel Figlio e si scopre orientato a Dio, non come ad un essere supremo temibile e distante, ma come ad un padre amorevole. Ancora l’apostolo Paolo descrive tale esperienza: «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,14-17).

 

Pregare lo Spirito Santo

Lo Spirito ci fa pregare da fratelli e da figli. Prende in mano la nostra preghiera, e «viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili, e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Rm 8,26s). Affidiamoci dunque allo Spirito, e chiediamogli che guidi la nostra preghiera.

Chiediamogli ancora che guidi tutta la nostra vita sulla via che è Cristo, e sia nostro inseparabile compagno di strada come lo fu di Gesù durante la sua missione terrena. Come insegna san Cirillo di Gerusalemme, «mite e lieve il suo avvento, fragrante e soave la sua presenza, leggerissimo il suo giogo. Il suo arrivo è preceduto dai raggi splendenti della luce e della scienza. Giunge come fratello e protettore. Viene infatti a salvare, a sanare, a insegnare, a esortare, a rafforzare e a consolare» (Catechesi 16, Sullo Spirito Santo, 1, 11-12. 16).

In tutti i momenti dell’esistenza, affidiamoci all’Amore del Padre e del Figlio, con le parole della Sequenza:

 

Vieni, Santo Spirito, / manda a noi dal cielo / un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri, / vieni; datore dei doni, / vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto, / ospite dolce dell’anima, / dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo, / nella calura, riparo, / nel pianto, conforto.

O luce beatissima, / invadi nell’intimo / il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza, / nulla è nell’uomo, / nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido, / bagna ciò che è arido, / sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido, / scalda ciò che è gelido, / raddrizza ciò ch’è sviato.

Dona ai tuoi fedeli / che solo in te confidano / i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio, / dona morte santa, / dona gioia eterna. Amen.

Otranto, 19 maggio 2024

 

Francesco Neri

Arcivescovo di Otranto