XVII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

La liturgia dell’anno B interrompe la proclamazione del vangelo di Mc ed inizia la proposizione del grande discorso di Gv 6, su «Gesù pane», distribuita nell’arco di cinque settimane. In questa prima sosta intendo soffermarmi su aspetti meno appariscenti ad uno sguardo immediato.

Gesù rifiuta di essere fatto re

Gesù — ci dice la chiusura del vangelo — si ritira sulla montagna, tutto solo, perché stavano per farlo re. Gesù era bensì dotato di autorità, e l’ha esercitata: nell’interpretare la legge, nel chiamare i discepoli, nello scacciare i demoni, nel domare gli elementi del cosmo. Ma sin dall’inizio Gesù è stato in guardia contro la seduzione del potere e della gloria, che è il terzo mezzo con il quale il diavolo — all’inizio del cammino di Gesù — cerca di separarlo dal Padre (condottolo su un alto monte, gli mostra tutti i regni del mondo e gli dice: «tutto questo, tutto il potere e la gloria è cosa mia, e la do a chi si prostra a me»). Stavolta, è la gente che svolge un ruolo diabolico. Ma Gesù, appunto, scappa, e rifiuta di farsi costituire re. L’autorità è una realtà positiva, è un servizio e sarebbe un peccare d’omissione se ¾ avendola ricevuta ¾ non la esercitassimo. Ma il potere e la gloria sono cose del diavolo! Quale insegnamento per noi, sempre alla caccia di riconoscimenti attraverso le carriere e le cariche, per noi, sempre intenti a prendere gloria gli uni dagli altri! Gesù era bensì re, ma non secondo la categoria del potere e della gloria, ma secondo la categoria dell’amore, e lo dimostrerà sulla croce. Gesù regnerà e regna, sì, ma perché è colui che ama per primo, sino alla fine, senza aspettarsi niente in contraccambio. Gesù è veramente il primo ed il re, ma nell’amore.

Nulla vada perduto

Che delicatezza questo gesto di Gesù… Che cosa Gesù si preoccupa che non vada perduto?

Anzitutto il pane stesso. Oggi il pane è forse uno sconosciuto, essendo stato sostituito da crackers e grissini, o è addirittura un nemico, perché… fa ingrassare. Ma se andiamo poco indietro nel tempo, ricorderemo che i nostri nonni ci sgridavano se posavamo il pane rovesciato sulla tavola, e ci insegnavano a baciarlo. Da chi avrà imparato il Signore il rispetto verso il pane, verso i beni della terra in generale, se non dalla madre sua e da Giuseppe nella casa di Nazaret? Allora, Gesù ci insegna in primo luogo il rispetto verso le risorse della terra, da non sciupare ed usare saggiamente.

In secondo luogo, Gesù ci insegna a saper valorizzare tutti i doni che ci fa Dio, ogni giorno, ogni istante. Spesso infatti, viviamo all’esterno di noi stessi, distratti e superficiali. E invece quanti doni ogni istante: dalla nostra stessa esistenza allo splendore della luce, dal vento che soffia alla cascata di stelle che ogni notte vengono sparse sul nostro capo, alla presenza delle persone care accanto a noi… Gesù ci insegna a vivere nella consapevolezza, a non sciupare nessuno degli attimi di vita che ci vengono donati, nel bene e nella bellezza, come nella prova e nella sofferenza.

Infine Gesù ci insegna a non accettare che vada perduto nessuno dei nostri fratelli. Sì, ci sono persone che ci hanno fatto del male, e il nostro cuore potrebbe desiderare che vadano perduti, cioè che ricevano a loro volta del male o per lo meno che ci stiano ad un a tale distanza che sia come se concretamente non ci fossero più. È naturale soffrire a causa del male, e desiderare non soffrire più, ma questo non deve portarci a desiderare — in qualsiasi forma — la morte del malvagio. Il vangelo ci impegna, con il cuore di Cristo, a pregare perché il fratello si converta e viva.

Il ragazzino dei pani e dei pesci

Questo ragazzo non ha nome, perché deve avere il nostro nome. Ognuno di noi è chiamato a dare il suo piccolo contributo, senza obiettarne la modestia. Che cosa sono i pani e i pesci dinanzi alle esigenze della folla? Sono «non abbastanza» Ebbene, anche noi saremo «non abbastanza» di frante alle esigenze dei nostri compiti. Ma cosa sono gli stessi pani e pesci dal punto di vista del ragazzino che li offre? Sono tutto ciò che lui ha a disposizione. Questo è ciò che conta: fare tutto ciò che è nella nostra disposizione. Ora, tale è la legge del concorso tra l’azione di Dio e l’azione dell’uomo: Dio agisce, ma non esonera l’uomo dalla sua parte, per quanto possa sembrare inadeguata. All’uomo spetta fare tutto ciò che è nella sua possibilità, e prima/durante/poi Dio agisce, divinamente appunto, — così come Gesù non respinge i pani e i pesci del ragazzino ma li richiede e li moltiplica. Quando dunque ci sentiamo sproporzionati alle esigenze delle nostre responsabilità, non scoraggiamoci, ma preghiamo. Mettiamoci nelle mani di Gesù, ed egli darà efficacia e sviluppo alla nostra umanità.

+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo